Calendario 2025
Tipografia Sartore
Illustrare
il cambiamento
Andrea Bettega
Illustratore e designer
L’idea di questo progetto nasce da una riflessione sulla bellezza iconica delle montagne in generale, e delle Dolomiti in particolare, un patrimonio naturale unico al mondo, amato e immortalato da milioni di persone ogni anno.
Questi paesaggi straordinari, oltre a essere mete imprescindibili per gli amanti della montagna, sono diventati veri e propri hotspot social, luoghi simbolo in cui la natura incontra l’occhio della fotocamera e l’immaginario collettivo. Ma se hotspot significa luoghi caldi a livello di attenzione e fama, il concetto di caldo assume oggi un significato molto più letterale e inquietante: quello dell’innalzamento delle temperature, che minaccia proprio la fragilità di questi ambienti.
È da qui che è nato Dolhotmites, un progetto illustrato che vuole sensibilizzare sulle conseguenze del cambiamento climatico attraverso un linguaggio visivo potente ed evocativo. Questo calendario del 2025 si compone di 12 illustrazioni, ciascuna dedicata a una delle viste più famose delle Dolomiti nelle regioni di Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.
Questi luoghi, celebri per la loro maestosità, sono reinterpretati con un overlay di tonalità arancio caldo, a simulare ipotetiche onde di calore che deformano l’aria e la percezione visiva. Questo effetto non è solo un richiamo estetico, ma un messaggio diretto: anche la bellezza più resistente rischia di diventare irriconoscibile di fronte alla crisi climatica.
La scelta di rappresentare questi scenari vuoti ed esenti da figure umane o animali è stata fatta in funzione di focalizzare l’attenzione sulla matericità della roccia così friabile, che rende le dolomiti al contempo belle e delicate.
Il contrasto delle cromie tra soggetti rappresentati e geometrie sovrapposte rende tutto ipnotico e tende ad avvicinare l’occhio dell’osservatore a quella sensazione che si può provare in luoghi desertici molto caldi, una sorta di fata morgana d’alta quota, ma anche un richiamo ai grafici che servono ad evidenziare geograficamente gli hotspot climatici.
Il piacere
inquietante
Pietro Lacasella
Antropologo e divulgatore
Curatore de L’AltraMontagna
Il contesto è di quelli che seguono una bella passeggiata: voci schiette e rilassate, unite attorno a un tavolo in legno su cui posa una bottiglia di vino friulano e qualche formaggio.
Come spesso accade quando si parla del più e del meno, a un certo punto siamo arrivati a commentare le temperature. Fino a pochi anni fa – ha ricordato quello tra noi con la memoria più lunga – il primo Novembre, festa di Ognissanti, rappresentava l’occasione per indossare il cappotto nuovo.
Torno con i pensieri a qualche ora prima e mi viene da sorridere. Un sorriso amaro, naturalmente, sfumato in un istante. Passeggiavamo infatti tra boschi e pascoli incolti con un abbigliamento pressoché estivo. In salita, dove lo zaino si appoggia alla schiena, la maglietta beveva sudore.
Avanzavamo tra larici, abeti, salici e prati con felpa legata in vita. Il cappotto? Nel bagagliaio della macchina.
Se non fosse stato per le tonalità autunnali, sarebbe stato facile confondere le stagioni, scivolando con i sensi in un’estate ormai lontana.
Arrivato a casa ho recuperato un approfondimento a cura della meteorologa Sofia Farina (pubblicato su L’AltraMontagna) dedicato alle temperature particolarmente miti che stanno avvolgendo le Alpi.
Nei dati riportati, le percezioni hanno preso concretezza: avevamo infatti camminato in una giornata torrida, con lo zero termico oltre i 4.000 metri (a Novembre).
E lo avevamo fatto con grande spensieratezza, commentando solo di tanto in tanto il piacevole calore che rinfrancava le braccia scoperte.
Di conseguenza, mentre passeggiavamo allegramente, i ghiacciai alpini spandevano acqua nelle valli in una fusione tardiva.
Questa consapevolezza è ora fonte di inquietudine, soprattutto perché quel calore era, appunto, innegabilmente piacevole.
Un piacere profondo, che si rinvigoriva di passo in passo fino a trasformarsi in un benessere effimero, riflesso nitido di una società che per godere nel presente è disposta a sacrificare il futuro.
Provare piacere per una situazione anomala non è normale: eppure è una dinamica pervasiva, che rallenta la comprensione dell’emergenza climatica.
Cosa succede
quando le montagne
si scaldano?
Sifia Farina
Fisica dell’atmosfera
Redazione de L’AltraMontagna
Ormai quella che era una tendenza raccontata nei rapporti degli studiosi del clima è diventata una realtà quotidiana, e le montagne stanno diventando, anno dopo anno, stagione dopo stagione, sempre più calde.
E come se non bastasse si stanno scaldando anche più velocemente di quanto lo stiano facendo le pianure, tanto che in gergo scientifico vengono definite hotspot del cambiamento climatico.
All’atto pratico questo vuol dire che se la temperatura media globale (quindi calcolata facendo una media su tutto il pianeta) è ormai ufficialmente aumentata di un grado e mezzo rispetto al valore di riferimento, quello dell’era pre-industriale, prima che iniziassimo a bruciare idrocarburi senza controllo, riempiendo l’atmosfera di gas serra, sulle Alpi questo scarto è già superiore ai due gradi.
Il motivo è un po’ tecnico, basti sapere che è connesso al ruolo che ha la neve nel riflettere la radiazione solare, ciò che conta maggiormente sono gli effetti e si riverberano fino a settori dell’attività umana che non potrebbero sembrarci più distanti dall’aumento delle temperature. Ad esempio, a patire fortemente gli impatti del cambiamento climatico sono il turismo (soprattutto quello invernale, a causa dell’assenza di neve, ma non solo), o la produzione di energia (si pensi all’idroelettrico, che non può più contare su un ciclo idrologico prevedibile come in passato) o ancora l’allevamento (con gli animali assetati nelle ondate di calore che portano il settore a forti conflitti relativi all’utilizzo delle risorse idriche) e la viticoltura (con i vigneti distrutti dalle gelate in primavere troppo calde o che migrano verticalmente cercando le condizioni micro-climatiche ideali), e perfino la salute (con la proliferazione di animali portatori di malattie, come le zecche o le zanzare con la malaria). L’impatto dell’aumento accelerato delle temperature colpisce le terre alte su tutti i fronti, rispondiamo anche noi accelerando l’azione di adattamento di esse a un nuovo clima.
Uno sguardo
dietro le quinte
Marco Sartore
Co-owner Tipografia Sartore
Il progetto che tenete tra le mani, nasce dalla volontà di unire estetica e messaggio, con l’ambizione di affrontare in modo innovativo il tema dei cambiamenti climatici e del rispetto per l’ambiente. Dopo aver esplorato, nei lavori precedenti, il rapporto tra Venezia e l’acqua alta, quest’anno ci siamo concentrati su un tema altrettanto cruciale: le terre alte, un territorio complesso e fondamentale per il nostro futuro.
La sfida era chiara: creare una progettualità che non solo comunicasse, ma che suscitasse una riflessione profonda. Abbiamo coinvolto un team di esperti, sotto la direzione creativa dello studio Freskiz Comunicate. Un contributo decisivo è arrivato dalla redazione di L’AltraMontagna, che ha dato supporto al progetto con la sua competenza, aggiungendo profondità e autorevolezza al nostro racconto. L’immaginazione di Andrea Bettega, infine, ha dato vita alla trasposizione visiva del nostro messaggio, rendendo l’idea concreta e potente. Il risultato è un progetto che celebra la libertà creativa e l’impegno condiviso, nato dall’incontro di professionalità, passione e un obiettivo comune: sensibilizzare attraverso la comunicazione visiva. Un sentito ringraziamento va anche a tutta la squadra di Tipografia Sartore, il cui sostegno è essenziale per dare vita a questa piccola ma significativa rivoluzione comunicativa ogni anno. Con questo progetto il nostro viaggio nella comunicazione ambientale continua.
Grazie per le ispirazioni ad Alpigrafia
(instagram.com/alpigrafia).
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Grazie per i contributi a L’AltraMontagna
(ildolomiti.it/altra-montagna).
Carte
Fedrigoni Sirio Color Rough Flamingo
Fedrigoni Freelife Vellum White
Fedrigoni Sirio Color Rough,
carte e cartoncini naturali certificati FSC®
ed ECF, caratterizzati da una superficie
ruvida e colorati in massa con pigmenti
resistenti alla luce.
Fedrigoni Freelife Vellum,
carte e cartoncini di elevata qualità, ottenuti
con 55% di pura cellulosa certificata FSC®,
40% fibre di riciclo certificate FSC®
e 5% fibre di cotone.
Coordinamento progetto
Marco Sartore
Direzione creativa
Filippo Dalla Villa
Testi
Andrea Bettega
Pietro Lacasella
Sofia Farina
Marco Sartore
Illustrazioni e visual
Andrea Bettega
Impaginazione
Freskiz Comunicate
Collaborazioni
Gabriele Benvenuti
Francesco Cremon
Silvia Reginato
Stampa
Tipografia Sartore